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I ricordi di Carlo Azeglio Ciampi per i dieci anni della Bce

di Carlo Azeglio Ciampi

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2 giugno 2008

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Mi avvio alla conclusione.
La fisionomia dell'Unione europea è stata profondamente modificata dall'euro. La sua creazione ha una valenza politica quale ebbe, a suo tempo, la costituzione della CECA. Se quest'ultima, affermando per la prima volta il principio della messa in comune dell'esercizio della sovranità nazionale, inaugurò un'epoca nuova, di sicurezza e di pace per i paesi europei, la moneta unica, approfondendo quel solco, dischiude un orizzonte più chiaro di integrazione. Sullo sfondo, di fronte a noi, c'è il completamento dell'edificio politico dell'Europa.
La convinta, crescente adesione di tanta parte dell'opinione pubblica europea che ha accompagnato il processo di creazione e l'affermazione della moneta unica avvalora l'autorevole opinione di Schumpeter, secondo cui "nell'ordinamento monetario di una società si rispecchia tutto ciò che questa vuole, fa, subisce, è".
La scelta dell'euro fu sentita, vissuta, come punto politico fondamentale; punto di non ritorno nel decollo verso l'attuazione piena dell'Unione europea. Non dimenticherò mai l'incontro che da Primo ministro ebbi a Bonn con il Cancelliere Kohl nel giugno del 1993. L'aver vissuto, entrambi, gli orrori della guerra ci rendeva consapevoli che si trattava di giocare una partita con la storia che andava vinta a ogni costo. Nel corso di quel colloquio a due ci dicemmo che, in quel momento, il rinvio dell'attuazione del trattato di Maastricht avrebbe segnato ben più di una battuta d'arresto nel processo di integrazione europea, di fatto, l'avvio lungo la china del suo fallimento. Ne sarebbe conseguito, prima o poi, il risveglio di tentazioni nazionaliste e, con esse, il riaffacciarsi degli spettri degli "anni trenta".
Oggi la nostra Unione europea ha solide fondamenta; la caratterizza il felice coesistere e cooperare di istituzioni federali e istituzioni federative. Sovranità condivisa e riconciliazione sono facce di una stessa medaglia. L'intuizione che solo condividendo aspetti sostanziali di sovranità gli Stati europei possono meglio difendere interessi essenziali, dell'intera Unione e dei singoli partecipanti, è la conquista appassionata e al tempo stesso la sofferta eredità della nostra storia comune. Solo parlando con una sola voce l'Europa può essere realmente soggetto delia storia. Questo era vero ieri; tanto più lo è oggi in un mondo globalizzato.
I risultati raggiunti in questo decennio con l'istituzione della Banca centrale europea legittimano un sentimento di orgoglio, non vano compiacimento, ma forza tranquilla che sospinge nel cammino iniziato più di mezzo secolo fa.
Abbiamo ragione di guardare avanti con fiducia: "la vecchia Europa esperta di ogni sofferenza ma non per questo divenuta saggia" è definitivamente alle nostre spalle. L'amaro giudizio che Thomas Mann esprimeva all'inizio degli anni venti è superato. Il successo dell'euro ne è suggello.

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